Bice Garzoni

LA FOSSA CALDA

Napoli 2003

 

"Aggiu pacienzia... io scrivo e doppo scasso..." (Di Giacomo, Lettera malinconica). Un gesto innalzato a poesia; un gesto (chi non l'ha vissuto?) a significare la ricerca certosina della parola; non la più prossima, ma quella e soltanto quella, pena il restare inchiodato ad una impotenza.
Poi il Poeta aggiunge: "Nun tengo `a capa..." Segno che l'ostacolo non è sorto all'improvviso, ma ha radici più profonde, anteriore, a prima e non è poca cosa riportarlo alla luce.

Martini carissimo,
hai ragione a meravigliarti! Io stesso, nel ritrovarmi tra le mani una lettera con simile incipit, la riterrei quanto meno singolare. Non amo le citazioni; esse sanno, in genere, di mancanza di originalità, ma non posso fare a meno di attingere a questo tesoro, per esprimerti al meglio e per immagini quanto mi sta accadendo. Affido, perciò, questo scritto alla tua pazienza, chiamo a mia difesa la tua curiosità intellettuale, l'interesse che hai circa l'ambiguità della parola: mi sto imbattendo in qualcosa di insolito e marosi e rotte sconosciute mi stanno dinanzi, l'ignoto della scrittura m'attira a se ed ho bisogno della tua ironia, della tua saggezza, del tuo disincanto per cercare di venirne a capo.
Ma basta girarci intorno! Mettiti comodo nella tua poltrona, accendi il fidato sigaro e ascolta. No, vieni, facciamo un posso indietro di tre giorni quando, nell'accomiatarmi, a telefono ti dissi: - Si, sono d'accordo con te; a una persona interessante. Anzi dopodomani mi piacerà parlarti un pò di lei. Intanto ti basti sapere che se separazione c'e stata a dovuta anche al suo naturale riserbo. Perciò non dar peso all'accaduto, sono certo che lei non si a sentita esclusa - .
Dopodomani a giunto, amico mio, qui, ma una stupida febbre mi trattiene a letto e, dunque, avevo pensato di scriverti più che telefonarti; sai bene che ho piacere d' intrattenermi per lettera;
lo trovo un esercizio buono per lo spirito. Ebbene, e vengo all'incipit, mio buon Martini volevo dirti qualcosa in più riguardo alla "nostra" amica, ma l'amica a svanita! Sparita, dileguata; la mente non la ritrova più o, per meglio dire, appare un attimo e un attimo dopo scompare. Un fatto stranissimo, vero? Una cosa che mi lascia interdetto. E che m'intriga.
Insomma, stammi a sentire:appena ho la sensazione d' avere di fronte la "nostra" amica si da potertene scrivere, una forza oscura me la porta via. Tu immagina un' evanescenza e, d'improvviso un mistero che la risucchia tra le quinte del buio. Allora provo a farla tornare e, infatti, dopo un poco ecco l'epifania, ma appena lei s'affaccia: via! In un baleno sparisce. Mi pare quasi d'avvertire il sibilo, tanto a rapida la sparizione. "... io scrivo e doppo scasso..." E' quanto mi sta accadendo.
Tu che ne pensi? E' lei che non vuole? Oppure sono io che non la conosco abbastanza e, dunque, la verità fa giustizia? O, invece, a questo andare frenetico, il vivere, cioè, tutto con pressapochezza, superficialità e sufficienza? E' il modo di fare d' oggigiorno che mi fa credere di potere definire una personalità con due battute, di racchiudere in un profilo (tutto soggettivo) la storia di una persona che e, invece, e resta irriducibile, di presumere di circoscrivere un divenire?
Come stanno le cose?

Intanto continuo a cancellare; resto impantanato; scarabocchio sperando che il nero dell' inchiostro mi chiarisca; inutilmente assedio il buco del ragno. E, tuttavia, avverto la tua esortazione a non abbandonare, a continuare a scavare. La storia intriga anche te? E allora ci riprovo.
Forse se torno al primo incontro... Forse quella sera a cena con tutti gli amici... Forse a quel reading in piazza...
Niente da fare. Altre storie mi confondono, sviano, tirano per la giacca; altri volti ritornano e mi trascinano lontano, ma di lei nessuna orma concreta.
Caro Stelio, sparse sul letto bivaccano palle e palle di carta, fogli strappati alla buona, altri ancora ridotti in pezzi piccoli piccoli, quasi potessi d'improvviso buttarli per aria e al loro lento cadere altrettanto lentamente ecco apparire la fata. Ma, ahimè, non sono Merlino e Bice resta nascosta nel Bianco del foglio, tra una riga e l'altra, tra una parola e l'altra.
Nascosta!
Ecco cosa mi colpi la prima volta: quel suo celarsi! Che non fosse strategia, ma una verità si comprendeva, come intuivo che, per trovarla, bisognava "mettersi in viaggio", immaginare, cioè, un pellegrinaggio come pile esserlo solo quello alla volta dell' anima e della mente.
Socievole,simpatica, cordiale, affabile, amabile, ma mai veramente comunicativa, mai schiettamente espansiva. Qualcosa la tratteneva e se capitava che m'avventurassi in un colloquio un poco più confidenziale eccola, repentinamente, alzare i ponti levatoi; addirittura se solo lasciavo cadere una frase, una parola buttata li come per caso, le sue antenne, educate per difesa a percepire ogni tentativo d' invasione, le inviavano messaggi precisi e lei, immediatamente pur senza perdere il sorriso, sprangava finestre, chiudeva con una, due, tre, quattro mandate porte e portoni, si ritirava nella sua tone. Di cristallo. Possibile non s'accorgesse che proprio questa modalità la rendeva ancora più visibile e leggibile? Mi commuoveva quella battaglia, quei tentativi non tanto circospetti di ritagliarsi un posto in mezzo agli altri.
Nascosta e divisa. Insomma quella conoscenza, per approfondirla, necessitava di continuità di relazione (come tutte le conoscenze, del resto) ma questa in particolare esigeva tempi più lunghi, ritmi non serrati ma dilatati, scanditi da pause che le consentissero di pensare, ripensare, respirare e, possibilmente, scegliere di mettersi in gioco: decidere d' affidarsi. Non a me, evidentemente, ma a se stessa. Ho provato ad avvicinarmi nel tentativo di aiutarla a ritrovarsi, riconoscersi, ricongiungersi.
- Allora,ciao. Ci rivediamo? Sei sicura? Non farti preziosa!
- Va bene - rispondeva ed era sincera; s'avvertiva nella voce la voglia di slanciarsi,staccarsi da quella condizione, ma si percepiva anche un' incertezza, come un essersi troppo esposta; sembrava dire: se tu sapessi... E infatti spariva. Cosi ogni volta. Tu mi dirai, Martini caro, che avrei dovuto essere pin tenace, ma c' a un confine molto molto sottile che non va superato e, a mia difesa, posso affermare d' avere scelto d' essere rispettoso del suo privato, del suo intimo sentire. A modo mio, ho difeso la sua fragilità.

Ma... Forse... Aspetta, Stelio, non muoverti, non distrarmi, aspetta...
Si, si, seguimi, carissimo, seguimi.
E' come se il foglio fosse stato bucato dal raggio di sole che facevamo passare attraverso la lente d' ingrandimento. Ricordi? Era uno dei primi esperimenti strabilianti che si faceva da ragazzini. Lente alla mano, manovravamo finché non si trovava la giusta distanza tra la lente e il foglio. Agendo cosi, ricorderai, si concentrava il raggio in un punto e si restava in attesa. Il calore del raggio,lentamente, faceva scolorire quel punto sul foglio che diveniva via via pin marrone, s'anneriva, iniziava a bruciacchiarsi e, infine, diventava un buco attraverso cui passava il raggio di sole. Quest'associazione per dirti che dopo avere scritto poc'anzi "fragilità", la mano si a fermata mentre lo sguardo a rimasto a fissare la parola. Non la guardavo, non la vedevo nemmeno; gli occhi fissavano un punto indistinto, come succede quando ti assenti e vai dietro a un pensiero. Senza accorgermi mi sono ritrovato all'interno di quella parola, a contatto con quella realtà, col suo senso; l'ho toccata e questa sensazione ha avuto la forza di sciogliermi,di spogliarmi; io stesso mi sono aperto, e questa volta non a parole, mi sono aperto nell' accogliere quella fragilità.
La verità non sta mai da una parte sola; i matrimoni naufragano per colpa di entrambi; la parola, tu m'insegni, a cosi mobile e ambigua che basta spostarsi e una vision diversa si pone innanzi: una nuova prospettiva.
E, adesso, amico mio, ho bisogno della massima attenzione: un altro pezzo di verità ci sta venendo incontro.
Osserviamo i lavori della nostra amica. Inizialmente potrebbero dare ragione alla tesi del nascondimento: qui due mani, li una schiena, la occhi che non ti guardano, assenti per un'assenza, mai amanti mai amati; altrove paesaggi deserti o, all' opposto, montagne di messaggi o, ancora, un' unica parola, l'amour, ossessivamente ripetuta in tutte le possibili aggettivazioni fino ad esaurire lo spazio del quadro, tanto che in fondo sbotta dicendo: l'amour, l'amour done! (in questo nascondimento, poi, lei a cosi palesemente visibile!). Tuttavia, e questo ho visto penetrando la "fragilità", a probabile che Bice pin che nascosta e carcerata. Imprigionata da noi. Voglio dire che lentamente lei si a sempre pin sottratta al mondo, & vero, ma a pur vero che qualcosa ancora lascia intravedere ed & credibile che il suo indietreggiare sia effetto della nostra arroganza e prepotenza, della nostra scarsa attenzione. Addirittura, ritenendola ingombrante, ci siamo aperti un varco nella sua storia e t'abbiamo confinata dietro una lunga lunga lunga cancellata inframmezzata,ogni tanto, da un muro per non sentirla. Dimmi, amico: a lei che si nasconde o siamo noi ad imprigionarla?... Gli stessi versi, con quei tagli, cesure, fratture...
E' tutto cosi sottile, ambiguo, appunto.
Scusami, Stelio, se t'incalzo ma un altro dubbio mi sta prendendo la mano. Rispondimi a quest' ultima domanda: e solo Bice prigioniera oppure la sua arte sta traducendo la violenza, nemmeno pin tanto mascherata, del mondo d'oggi? Cosa sta cercando di comunicare la nostra amica? La sua personale difficoltà oil malessere della società, il vuoto, lo sgomento, la paura, la rassegnazione? Ci sta raccontando di questa ironia nichilista, forse? Di questa sfida perdente che passa sotto gli occhi di noi spettatori oggi, ma protagonisti, domani, di un dramma?

Caro Maestro, mio più che paziente Martini,
alla fine ho scritto senza più "scassare" e della nostra amica m'accorgo che, invece di chiarimenti, io stesso ho necessità di risposte. Di lei mi pareva di non vedere orme; adesso ce ne sono abbastanza e sento che a tempo di mettermi sulle sue tracce. Andrò a cercarla, mio caro, sperando che si faccia trovare.
Anzi,fare di più: voglio convincerla ad accompagnarmi da te; dialogando, tra noi, su quanto ho qui esposto chissà quali nuovi mondi si rivelerebbero.

LELLO AGRETTI

Caro Lello,
quando ho pensato a te come all'unica persona capace di stabilire il tramite da te poi creato con lo scrivere e il riscrivere della tua lettera, non mi sono sbagliato.
E, per quanto tu voglia dire che, nella lettera, Bice rimane nascosta tra una riga e l'altra, tra una parola e l'altra; per quanto tu voglia arrischiare, perfino, che Bice forse 'traduce' l'odierna violenza del mondo (ma potrebbe esserne il prodotto, e in ogni caso sai bene che questo gioco di scaricare sul mondo i fatti individuali non mi convince mai) resta che nei suoi lavori Bice e chiarissima. In una di queste sue tavole una mano (e non quella femminile) significa un gesto di resa. L'altra tavola sovrappone quel suo (di Bice) turchino, lo stesso del cielo, a monti, a tagli, a porte. Creatura esclusivamente istintiva, Bice non pensa (non parla) e finche si tratta di esprimersi con mezzi emotivi, ciò le riesce efficacemente. Ma le parole la terrorizzano, le teme e dunque le usa solo per nascondersi. Le sue parole dicono sempre ciò che ella non può essere, ed esse non si legano alle immagini che in un proprio spazio, estraneo. Il contrario di quanto avviene nella tua lettera, che insinuando e ritornando su se stessa, si mostra sempre disponibile ad aprirsi proprio in direzione di quella porta che, invece, Bice vorrebbe che altri (non lei) chiudesse.

S. M. M.